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Binge watching: siamo drogati di serie tv?

L’espressione inglese “Binge watching” (letteralmente “abbuffata di visione) è entrata da tempo nel nostro dizionario, almeno da quando le piattaforme di streaming sono divenute un’alternativa alla tv tradizionale.

Fa riferimento alle “maratone televisive”, ossia alla fruizione di contenuti televisivi per un periodo di tempo superiore al consueto e senza soste e nello specifico indica la visione consecutiva di puntate di una serie tv che impegna lo spettatore per molte ore.

Il fenomeno delle abbuffate televisive non è certo nuovo, ma in passato aveva connotazioni diverse: già sul finire degli anni ’80 del secolo scorso alcune emittenti televisive statunitensi proponevano maratone legate a serie tv cult quali Star Trek e negli anni ’90 lo stesso accadeva con X files, mentre con la diffusione di massa dei DVD lo spettatore acquisiva il potere di scelta, determinando tempi e modalità di fruizione dei contenuti.

La vera affermazione del fenomeno del binge watching si ebbe però intorno al 2010, con l’affermazione sul mercato di servizi di video on demand.

In Italia la piattaforma Netflix arriva nel 2015, Amazon Prime nel 2016, mentre Sky era già operativa da diversi anni. A queste poi si aggiungono tutte le altre piattaforme che hanno contribuito all’ampliamento smisurato dei contenuti fruibili dagli utenti e che innegabilmente hanno reso il fenomeno delle abbuffate molto più diffuso di quanto probabilmente non si pensi.

Stando ai dati rilasciati da Netflix relativi ad uno studio commissionato dalla stessa piattaforma, su un campione di 1500 consumatori di serie TV via streaming, il 61% dichiara di praticare il binge watching almeno una volta alla settimana, mentre il 73% degli intervistati dichiara di associare “sensazioni positive” a questa pratica. Secondo YouGov, società di ricerche di mercato, il 58% degli americani è dedito al binge watching, motivando questo comportamento con il desiderio di vedere tutta la serie in un’unica soluzione, oppure perché si riconosce impaziente di aspettare una settimana per guardare l’episodio successivo o, ancora, per paura degli spoiler.

Il periodo del lockdown ha ulteriormente contribuito ad accentuare il fenomeno, anche in Italia ovviamente, rendendo necessaria una riflessione su una pratica solo apparentemente priva di controindicazioni.

Se infatti il concetto di dipendenza è talvolta applicato in maniera generalista e declinato in modo inappropriato in riferimento a molti comportamenti che oggi vediamo intorno a noi, è pur vero che il binge watching rappresenta per alcuni soggetti una dipendenza comportamentale, non ancora classificata ufficialmente, ma che soddisfa i criteri clinici per definirla come tale: tolleranza, astinenza, compromissione della attività sociali, lavorative o scolastiche.

Ciò che vale per tutte le forme di dipendenza può valere anche, quindi, per il binge watching ed il rapporto causa-effetto potrebbe essere letto in ottica circolare piuttosto che lineare. Già nel 2015 un gruppo di ricercatori dell’Università del Texas ha evidenziato come il binge watching sia correlato ad ansia, depressione, solitudine e difficoltà relazionali. Non è tuttora chiaro però se siano gli stati emotivi a produrre il comportamento di abbuffate tv oppure se, al contrario, siano le abbuffate ad indurre cambiamenti negativi nello stato umorale e nelle risposte comportamentali degli utenti

Prescindendo dal concetto di dipendenza, inoltre, il ripetersi sistematico di abbuffate televisive può avere serie ripercussioni sulla qualità di vita dello spettatore: disturbi del sonno, relazioni conflittuali, rinuncia alle proprie attività quotidiane sono alcune esse.

A queste se ne aggiungono altre, quali disturbi visivi, perdita della cognizione temporale, sedentarietà e aumento di peso e talvolta senso di vuoto e angoscia di separazione legato alla fine della serie tv, con possibile sviluppo di sintomi depressivi (“post-binge watching blues”, ovvero depressione da fine serie). A tal riguardo sono attivi gruppi on line di supporto con l’intento di aiutare gli spettatori ormai orfani dei loro personaggi preferiti protagonisti di serie tv.

Eccessivo? Forse, ma così è. Il passo successivo potrebbe essere innamorarsi di un’altra storia e ricominciare tutto daccapo.

È tuttavia necessario specificare che il binge watching può rivelarsi pericoloso solo se protratto nel tempo e praticato abitualmente per tempi molto lunghi, nel qual caso, a fronte delle condizioni descritte precedentemente, può essere utile un consulto specialistico in stile “In Treatment”

Dott. Stefano Lagona

Psicologo Psicoterapeuta