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DOPO IL GHOSTING, L’ORBITING, QUANDO IL PARTNER “TI SEGUE”, MA NON TI VEDE!

Che cos’è l’orbiting?

Il termine orbiting derivante dall’inglese to orbit, ovvero orbitare intorno a qualcosa o, come in questo caso a qualcuno, viene per la prima volta utilizzato per definire un’altra forma di legame disfunzionale del nuovo millennio social dopo il ghosting, da Anna Iovine di Man Repeller. 

Si è visto, che con il ghosting, il partner o presunto tale, a un certo punto della relazione non risponde più al telefono, ai messaggi e ai social, non lasciando più traccia di Sé come non fosse mai esistito, senza un’apparente motivazione valida, o comunque senza dare una spiegazione. 

Nell’orbiting, invece, la dinamica risulta essere leggermente diversa e se vogliamo, alle volte anche più subdola e manipolativa, perché il partner, o ex, o presunto tale, non mantiene una comunicazione diretta ma indiretta, facendosi vivo a intermittenza e solo attraverso i social, con i like su facebook piuttosto che facendo comparire il suo avatar tra le view delle Instagram stories. 

L’orbiting che si fonda su un’ambigua specie di tattica amorosa, risulta quindi essere una sorta di mancata sparizione o di ricomparsa dopo che una storia finisce o non ha inizio. 

L’orbiter diventa pertanto una presenza, in alcuni casi analogica, continuando a frequentare gli stessi posti o gli stessi amici, che digitale; una presenza però che, senza una normale comunicazione, impedisce la naturale elaborazione del lutto della fine di una relazione, piuttosto che del suo mancato inizio. Una sorta di “ci sono, ma non parlo, ti controllo e so cosa fai, ma comunque continuo a visualizzare e a non rispondere ai tuoi messaggi su whatsapp”. 

Ma anche se mascherato da innocuità virtuale, rimanendo perlopiù solo online, l’orbiting sembra proprio richiamare, sia per comportamento dell’orbiter che per effetto di quest’ultimo sulla vittima, un altro fenomeno dal termine inglese molto conosciuto: lo stalking. 

Di fatto, l’orbiter alternando presenza virtuale ad assenza strategica e mettendo il like tattico o le visualizzazioni, lascia traccia di sé e  nello stesso tempo e soprattutto controlla la sua ex partner o presunta tale, senza mai di fatto affrontare una conversazione reale in cui manifesta il suo vero interesse: manipolare, controllare o far credere interesse in una relazione che in realtà concretamente non vuole, trattenendo così a sé la vittima per puro piacere narcisistico, che, proprio come lo stalking, dopo un primo momento di lusinga per aver avuto delle attenzioni, sprofonda in uno stato di forte malessere. 

Ma vediamo un po’ più da vicino quello che potrebbe essere il profilo di un orbiter. 

Il profilo psicologico dell’orbiter

Partendo dal presupposto che chi fa orbiting spesso può risultare essere una persona immatura e irrisolta, riprendiamo i 3 profili elencati da Anna Iovine connotati di un taglio un po’ più clinico, per meglio comprendere quali siano le possibili motivazioni che spingono ad avere questo atteggiamento: 

  1. L’orbiter che ama esercitare il controllo sugli altri: in questo primo caso, la persona in questione utilizza una vera e propria strategia di manipolazione che ha l’obiettivo di controllare e spiare l’altro disinteressandosi delle conseguenze che il suo comportamento può avere sull’altro. In questo primo caso, siamo di fronte a una personalità narcisistica che attraverso il suo controllo cerca di tenere a sé l’altro solo per mantenere alta la sua autostima, senza impegnarsi concretamente nella reciprocità di una relazione. In questo caso si tratta di una vera e propria forma di abuso emotivo, in quanto crea e usa a suo vantaggio la possibile dipendenza affettiva della vittima. 
  2. L’orbiter che è inconsapevole di quello che sta facendo: in questo caso ci troviamo di fronte a una persona che spesso preso dalla noia, si comporta in questo modo, senza minimamente rendersi conto di quello che sta facendo e dell’effetto che questo suo fare, può avere sull’altra persona. 
  3. L’orbiter che non sa esattamente ciò che vuole: in questo caso la persona che abbiamo di fronte è una persona ambigua che preso da forti sentimenti di ambivalenza chiude i rapporti ma non completamente. In questo caso il tipo è identificabile come persona immatura e irrisolta, non pronto o non in grado ad impegnarsi, ma che nello stesso tempo, non vuole allontanarsi e distaccarsi completamente dall’altro per paura di un eventuale ripensamento. 

Tenendo conto di questo, in ogni caso esposto, pare che l’orbiter possa avere in qualche modo, compromessa, o comunque deficitaria, la sua capacità di amare e non godere di buona empatia, pertanto difficilmente il comportamento che mette in atto sia sinonimo di amore o interesse concreto; anzi, nel primo caso è un vero e proprio meccanismo subdolo che, per un puro tornaconto personale, non consente alla vittima di sganciarsi da questa relazione, che, spesso, assume i connotati di una relazione alquanto tossica.  

La vittima 

La vittima oggetto di orbiting, come già accennato, subisce le conseguenze di questo comportamento ambivalente e distaccato e se in un primo momento può esserne felice e lusingata, dopo un po’ può crollare nello sconforto e nel malessere. 

In una prima fase, infatti, la vittima presa dalle lusinghe si illude di poter ricominciare o iniziare una relazione e comincia a fantasticare e a investire emotivamente sull’altro che spesso viene anche idealizzato. In una seconda fase però, la vittima comprende che nonostante i like, i commenti etc nel concreto non avviene nulla e inizia ad alternare momenti di entusiasmo, quando l’orbiter si fa vivo, a momenti di sconforto, quando quest’ultimo ciclicamente sparisce. 

In questa altalena tra esserci e non esserci, i sentimenti che prova la vittima, possono passare dall’ansia, alla depressione, alla confusione mentale ed emotiva, nonché tristezza e insicurezza rispetto al fatto di non essere amati e apprezzati abbastanza, buttando giù un’autostima già di per sé fragile; e in questo turbinio di emozioni contrastanti le uniche domande, anche queste prive di risposta, che riesce a porsi è Perché? Perché quel like? Perché fa così? Etc..

Ma reinterpretando una celebre frase di un film, “vittime: non lo siamo tutti?”, la risposta potrebbe essere: non sempre! 

Ovvero, che, come nel caso dell’orbiter, possono essere diverse le motivazioni che ci portano a identificarci come vittima e quindi anche in questo caso, esserci diverse tipologie. 

Spesso la vittima è una persona emotivamente fragile che per vissuti personali irrisolti, non riesce ad essere felice, ne ha piuttosto paura e preferisce quindi accontentarsi di essere triste nell’illusione, piuttosto che essere davvero felice nella realtà.  

Altre volte la vittima conosce solo la sofferenza come schema relazionale, pertanto, ha la tendenza a legarsi a chi la fa soffrire, sempre perché, la felicità sconosciuta, viene in qualche modo temuta. 

In questi casi, molto analoghi ai precedenti, la vittima tende a legarsi a personalità tipo l’orbiter, proprio perché lei per prima non se la sente, magari a livello più inconscio, di avere una relazione concreta, in quanto ne ha paura, quindi, mentendo probabilmente in primis a sé stessa, si nasconde dietro l’illusione di una relazione parziale, ritenendosi pertanto impegnata, per non dover invece affrontare una relazione reale e concreta. 

Altre volte un’autostima minata da vissuti difficili, porta a male interpretare il comportamento altrui e vederci quell’amore tanto voluto e desiderato, quanto altrettanto temuto. 

Ad ogni modo, vediamo come anche nel caso della vittima resta un comun denominatore, che in questo caso è un sentimento di forte paura, difficile da gestire.

In conclusione, abbiamo visto come l’orbiting possa assumere i connotati di una vera e propria relazione disfunzionale e come tale forse l’unica soluzione sarebbe quella di interromperla. 

Ma spesso per la vittima questo risulta alquanto difficile, per tutto quello che spesso l’orbiter può rappresentare per quest’ultima, che va aldilà del suo atteggiamento. 

Pertanto forse l’unica soluzione possibile, se ci si sente vittime di orbiting, potrebbe essere quella di chiedere un supporto psicologico adeguato, per dare una possibilità a sé stessi che vada oltre la relazione virtuale e che veda concretizzarsi la possibilità di star bene ed essere felici. 

 

Dott.ssa Monica Iuliano

Psicologa – Psicoterapeuta

“QUANTO ESAGERI! È TUTTO NELLA TUA TESTA!” RICONOSCERE E DIFENDERSI DAL GASLIGHTING

Il gaslighting è una forma insidiosa di manipolazione e controllo psicologico. Si verifica quando qualcuno viene deliberatamente alimentato da false informazioni che lo portano a mettere in dubbio la realtà e a non credere ai propri pensieri e sentimenti.
La verità è che tutti possiamo
avere fatto gaslighting a qualcun altro senza averne intenzione, ma quando succede regolarmente, ad esempio in una relazione, può portare a serie conseguenze a lungo termine: si può finire per dubitare della propria memoria, della propria percezione e persino della propria salute mentale.

Ma da dove arriva questo curioso termine? Deriva da unopera teatrale del 1938, intitolata Gas Light, nella quale un uomo manipola sua moglie così tanto da farle pensare di aver perso la testa. Una sorta di lavaggio del cervello che tenta di minare l’autostima e la sanità mentale dell’altro, in maniera subdola, per poterlo controllare e sottomettere.

Il gaslighting si verifica più spesso nelle relazioni sentimentali, ma non è raro trovarlo anche nei contesti di lavoro e persino nel rapporto medico paziente.

Le relazioni con i gaslighter di solito cominciano piuttosto bene. In ambito sentimentale, è frequente che sappiano creare un clima di confidenza e intimità molto forte fin da subito, sono in grado di far sentire la persona molto attratta, ricoprirla di attenzioni e sintonizzarsi completamente con i suoi bisogni. Questa tattica iniziale va sotto il nome di love bombing (bombardamento damore), nel quale la vittima viene portata a stabilire subito un legame di fiducia benché la crescita dellintimità sia stata troppo rapida nei tempi per poter davvero giustificare la fiducia che si ripone nel gaslighter.

È bene ricordare che le relazioni sane, infatti, sono fatte di sintonizzazioni ma anche di piccole rotture (semplici fraintendimenti, comportamenti non intenzionali che magari ci feriscono o ci lasciano perplessi, moti di diffidenza, ecc.) e riparazioni (tentativi dei due partner di comprendersi meglio e avvicinarsi passo passo al funzionamento dellaltro). Per questo è utile tenere a mente che una relazione troppo perfetta fin da subito, nel quale il grado di sintonia è immediatamente altissimo, non è molto plausibile. Ptalvolta essere indice del fatto che uno dei due stia inconsapevolmente o deliberatamente assecondando tutti i bisogni dellaltro, proponendo sostanzialmente una falsa versione di sé.

Una volta stabilita questa connessione forte di fiducia cieca, sarà più facile per il  gaslighter manipolare la sua vittima.

Solitamente si comincia con piccole bugie su cose semplici, ma il volume delle distorsioni della realtà cresce rapidamente, arrivando ad accusare prontamente la persona se questa protesta mettendo in dubbio quanto le viene detto. Al contempo, il gaslighter tiene buona la relazione disseminando occasionalmente qualche piccolo rinforzo positivo che confonde la vittima. In questo modo la persona finirà col sentirsi confusa: da un lato avrà la percezione di essere trattata ingiustamente, ma dallaltra ricaverà dai piccoli rinforzi la sensazione di essere comunque amata.

Vediamo alcuni esempi di gaslighting per capire meglio:

Screditare. Una tattica comune è dire alla persona che è matta o stupida, in questo modo sentirà che le sue opinioni o sentimenti non sono affidabili. È un tentativo di negare la realtà della vittima anche quando è ben comprovata. Es. Fai presente a qualcuno che ha ferito i tuoi sentimenti e ti senti rispondere che: Sei matto/stupido se lo pensi, perché non è mai successo, te lo sei immaginato! Ti ricordi male, hai capito male come sempre! È tutto nella tua testa!
Minimizzare i sentimenti. Ti sei mai sentito dire che stai avendo una reazione esagerata? O che sei troppo emotivo? Hai mai evitato di dire a qualcuno come ti senti perché eri preoccupato della sua reazione? Quando queste cose accadono con sistematicità, ci troviamo in una situazione di gaslighting. Es. Dici a qualcuno che ha ferito i tuoi sentimenti e l’altra persona si arrabbia con te per aver provato a farla sentire male, o ti dice che sei drammaticoo troppo sensibile, di calmarti e di non tirare più fuori l’argomento.
Mentire e negare. Mentire è una tattica cruciale nel gaslighting, così come negare, negare, negare! Non prendersi mai la responsabilità delle proprie azioni, negare di avere un ruolo nel conflitto, rappresenta un problema e ha a che fare con il non volersi impegnare a cambiare e migliorare stessi per incontrare anche i bisogni dellaltro. Es. E un problema tuo, fattela passare. Era una battuta, fatti una risata! Non è colpa mia se non la capisci.
Isolare. I manipolatori hanno la tendenza a mostrare una faccia alla vittima e unaltra al resto del mondo. In questo modo diventa molto difficile per le vittime pensare di essere credute se decidessero di chiedere aiuto. Es. Sei lunico che la pensa così. Ma stai bene? Dici delle cose assurde, mi sto preoccupando per le cose che dici.

Alla lunga gli effetti del gaslighting possono portare a perdere fiducia in stessi e nella veridicità dei propri sentimenti e della percezione della realtà. Si può arrivare ad isolarsi dagli altri perché ci si vergogna o, al contrario, sentirsi dipendenti da essi perché l’autostima viene annientata. Come se si fosse indegni di amore e inutili di per . Ci si può sentire costantemente confusi, ansiosi, preoccupati riguardo alla relazione col gaslighter. Si finisce per mettere in secondo piano i propri sentimenti e scusarsi di frequente per cose che lasciano confusi. Si perde il senso della propria identità e la propria autostima.

Che fare allora?

Allontanarsi dalla persona aiuta nell’immediato a riguadagnare una prospettiva meno inquinata. Questo può condurci a distinguere meglio la manipolazione dalla realtà.

Se, parlando col diretto interessato di quello che si sta sperimentando, questi riesce a comprendere ed accettare di stare sbagliando, si può provare, con l’aiuto di un professionista, a ricostruire una relazione più sana, con dei confini chiari. Molte persone mettono in campo qualche abitudine non sana nelle proprie relazioni: a volte, si tratta di impararne di nuove e migliorare.

Può capitare infatti che il gaslighter non sia consapevole del proprio comportamento, non lo applichi cioè in modo volontario. Ad esempio, alcune persone attuano comportamenti manipolatori perché ne sono stati testimoni di frequente da bambini o perché hanno imparato a sfruttarli per sopravvivere in un ambiente famigliare gravemente deprivato. Indipendentemente dal livello di autoconsapevolezza del gaslighter o dalla patologia che vi sta dietro, però, il comportamento non è mai accettabile e il fatto che sia inconscio non dovrebbe essere usato come scusa per le azioni manipolative.

Dunque, se la persona non è disposta a cambiare il proprio atteggiamento (magari nonostante labbia promesso più volte, per poi ricascarci), bisogna allontanarsi. Nessuna relazione vale la nostra salute, bisogna mettersi al primo posto e chiudere il rapporto.

È difficile farlo da soli e per questo si può chiedere aiuto quando si ha bisogno di supporto o quando non ci si sente al sicuro.

È facile incolpare stessi per esser stati troppo fiduciosi o vulnerabili, ma non c’è da vergognarsi da biasimarsi. Il gaslighting può accadere a chiunque e in ogni tipo di relazione.

Dott.ssa Valeria Lussiana

Psicologa Psicoterapeuta