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Qui di seguito trovate gli articoli che i nostri soci hanno pubblicato su diverse testate. Buona lettura.

L’AMORE CHE FA MALE

                                                           “Noi non siamo le nostre ferite. Noi siamo degli esseri feriti.”

 

L’amore può ferire davvero chiunque! Indistintamente dall’essere un uomo o una donna quasi tutti, infatti, ci siamo trovati ad un certo punto della nostra vita a vivere il trauma della perdita del proprio partner.

La fine di un amore ci porta ad attraversare un periodo di lutto vero e proprio, sperimentando una serie di sintomi depressivi che caratterizzano tale momento: malinconia, insonnia, inappetenza, pensieri negativi ricorrenti, perdita di entusiasmo in tutto ciò che si vive. Si ha la sensazione di un mondo che ci crolla addosso e ci si sente incapaci a rialzarsi.

La sensazione più comune è quella di vuoto interiore e ci si convince di non essere in grado di ritrovare un nuovo amore.

Ma come si può superare il dolore? Come imparare a vivere di nuovo?

Le ferite che ci portiamo dietro dalla fine della relazione, risvegliano una serie di emozioni dolorose che comportano una sofferenza, così insopportabile, che potrebbe portarci nell’abisso della morte (suicidio) o della follia (psicosi), ma, che di fatto, decidiamo di non farlo avvenire.

L’istinto alla vita è, infatti, più forte di quello che ci conduce alla morte e inconsciamente decidiamo di difenderci per sopravvivere al dolore.

Riuscire a riconoscere il meccanismo di difesa che mettiamo in atto per evitare la sofferenza (es. respingere chi ci ha causato sofferenza, nutrire risentimento o pensieri negativi, augurare sofferenza a chi ci ha impartito dolore, aver coltivato il desiderio di vendetta, aver soffocato le altre emozioni ecc.) e riuscirlo ad accettare come un atteggiamento normale, è il primo passo per la “via della liberazione dal mal d’amore”.

Dopo aver riconosciuto il meccanismo di difesa che attiviamo e che ha permesso alla nostra psiche di evitare l’emozione dolorosa, è necessario innestare un meccanismo di protezione, che permetta di accogliere tale emozione e di prendervi cura del bambino ferito che c’è in noi. Perchè tale meccanismo di protezione si avvii, è necessario allontanarsi da chi può alimentare questa ferita, quindi da colui che ha causato tale sofferenza. L’intento sottostante non è quello di respingere queste persone, ma di proteggerci perché la psiche, indebolita dalla ferita, possa rinforzarsi nuovamente.

Bisogna riuscire ad uscire dal ruolo di vittima e ad accettarsi per quello che si è riusciti a fare, evitando di rivolgere critiche a chi ci ha fatto soffrire e di ricercare degli “alleati” nella battaglia contro di lui. L’accettazione profonda ed autentica della nostra condizione potrà essere raggiunta solo quando si abbandona la resistenza e la rassegnazione che generano sempre tensioni, stanchezza e confusione emotiva.

Ciò a cui resisti persiste” (N. D. Walsh) e per questo invece di trovare pace e serenità, si contribuirà ad impedire il corso naturale della vita, coltivando tormento interiore ed infelicità.

Rassegnarsi dà tristezza, accettare dà gioia” (Jalenques).

Arrendersi e adottare un atteggiamento di sconfitta non fa altro che alimentare rancore e la sensazione di essere stati schiacciati, ci si sente impotenti e passivi e si continua a rivestire il ruolo di vittima.

Quale altra soluzione si può avere in questi casi? La pace e la serenità tanto ambita potrà essere raggiunta solo se riusciamo a rivolgerci verso l’accettazione. Si riuscirà a diventare artefici della propria vita se si riesce ad accettare la situazione, a riuscire ad accogliere le cose “così come sono” senza approvarle necessariamente, ad arrestare la lotta contro noi stessi e a sospendere la guerra con gli altri, a trasformare l’energia contenuta nella sofferenza in forza interiore, a non cercare più di controllare e a dire di Sì alla vita.

Le fragilità ci rendono umani e come tale non vanno condannate, ma riconosciute ed accettate. Il potere decisionale è nelle nostre mani: siamo noi che possiamo decidere se rimanere sul fondo alimentando la autocommiserazione e il vittimismo, o orientare le energie per risalire e riprendere il potere sulla nostra vita.

Per tutti questi motivi, l’intento del workshop che proponiamo vuole essere quello di presentare un percorso che possa aiutarvi ad uscire dalla “bufera” e alleviare la sofferenza psichica causata da ferite del cuore, vedere chiaro dentro di voi e riuscire a riprendersi il potere sulla vostra vita. Il seminario vuole portare a guardarvi con occhi diversi, perché possiate riconoscervi delle risorse che possano essere punti di partenza per uscire dall’”abisso”; che possiate prendervi cura del vostro bambino ferito, amare i vostri sentimenti positivi e negativi, i vostri bisogni e i vostri meccanismi di difesa, poiché solo così si potrà ritornare ad amare gli altri e la vita.