Se hai già effettuato un pap test e vuoi avere informazioni sull’iter di screening

  • 14 Come si effettua lo screening e che differenza c’è tra Hpv test e Pap test?

Da 25 ai 30 anni si viene chiamati ogni 3 anni per effettuare il Pap test; dai 30 ai 65 anni si viene chiamati ogni 5 anni per l’Hpv test.

Il Pap test è un esame citologico in cui si preleva del materiale di esfoliazione dal collo dell’utero che poi viene guardato con delle colorazioni per cercare delle alterazioni visive. Si effettua con spatola e citobrush che grattano un pochino e possono dare fastidio.

L’Hpv test prevede la stessa modalità di prelievo, ma non si cercano anomalie morfologiche sulla forma e il colore delle cellule: si cerca il DNA del virus e, in particolare, l’Hpv test usato da Prevenzione Serena si sofferma solo sulla ricerca dei ceppi ad alto rischio (vedi domanda 3).

Come abbiamo visto, infatti, dopo i 30 anni si ha una probabilità maggiore di avere una lesione HSIL e l’Hpv test è molto più sensibile rispetto al Pap test, motivo per cui viene adottato dopo questa età. Il Pap test, infatti, può trovare anche lesioni non dovute al Papilloma virus o può non trovare alterazioni che sono invece presenti (falsi negativi). Attualmente è partita la sperimentazione con l’Hpv test anche dai 25 ai 30 anni.

Sotto i 30 anni, se il Pap test è negativo si viene richiamati dopo 3 anni. Se è positivo, viene mandata una lettera a casa da Prevenzione Serena per fare una colposcopia, cioè un esame di secondo livello che permette di vedere il collo dell’utero e identificare visivamente delle modificazioni; infine viene fatto un approfondimento con la biopsia. La biopsia ha lo scopo di confermare la presenza della lesione e di graduarla meglio (LSIL/HSIL) e consiste nel prelievo di una piccola parte di tessuto.

Dai 30 anni in su, se capita di avere l’Hpv test negativo si viene richiamati dopo 5 anni. Se l’Hpv test è positivo, e viene quindi identificata un’infezione da ceppo ad alto rischio, sul campione viene immediatamente effettuato il citologico (Pap test), cioè la ricerca delle lesioni. Se il Pap test è negativo (e quindi si ha Hpv test positivo e Pap test negativo) viene comunicato per lettera, ma, siccome in 12 mesi si hanno alte probabilità di guarire spontaneamente, si torna dopo 1 anno a ripetere il test. A quel punto, se l’Hpv test è ancora positivo, indipendentemente dal Pap test che non viene più rifatto, si riceve l’invito a fare il secondo livello che è quello colposcopico. Se invece l’Hpv è negativo si viene richiamati dopo 5 anni poiché il virus è regredito da solo.

Figura 2 (Fonte: Le 100 domande sull’Hpv)

L’uso di questi due test porta, quindi, a varie combinazioni di esito possibile. Riassumiamo le situazioni più classiche con l’aiuto della Figura 2:

  • Hpv test + e Pap test – = si ha il virus ma non la lesione, si torna dopo un anno ad effettuare un altro Hpv test

  • Hpv test – e Pap test + = può capitare per falsi negativi dell’Hpv test o perché si ha una lesione dovuta ad un ceppo di Hpv a basso rischio (ricordiamo che l’Hpv test di Prevenzione Serena cerca solo ceppi ad alto rischio)

  • Hpv + e Pap test + (lesioni) = si viene invitati a fare la colposcopia

[Queste disparità negli esiti ai due test contribuiscono molto a generare confusione e ansia nelle pazienti, per questo è importante comprendere bene che significato hanno e richiedere informazioni chiare. N.d.R.]

  • 15 Può succedere che durante l’Hpv test o il Pap test venga eseguita anche la biopsia?

Può capitare solo al secondo livello, cioè sotto i 30 anni quando si ha Pap test + o sopra i 30 anni quando si ha Hpv persistentemente + (cioè positivo per più di un anno).

A quel punto, come abbiamo detto, viene fatto un esame visivo che si chiama colposcopia, durante il quale vengono messi dei liquidi sul collo dell’utero che danno alterazioni di colore. Se ci sono alterazioni si fa una biopsia, che è un pizzicotto con una pinza ad hoc che serve per prelevare tessuto in modo mirato ed esser sicuri che lì ci sia una lesione.

Questo esame di secondo livello è più impegnativo, anche se è ambulatoriale, dura dai 10 ai 30 minuti e può determinare sanguinamento e dolore soggettivo. Attenzione: la biopsia non rimuove la lesione (a meno che non sia di dimensione millimetrica e quindi venga già via col prelievo). In generale, se si ha una lesione e la biopsia risulta positiva è poi necessario rimuovere tutta la parte di tessuto alterato con una procedura detta conizzazione (vedi domanda 18).

  • 16 E’ prevista l’anestesia per la biopsia?

Di solito no, perché l’iniezione di un anestetico prevede, in media, lo stesso tipo di invasività e dolore della biopsia. Dopodiché, se si hanno lesioni molto sanguinanti che prevedono anche di cauterizzare, può esser prevista l’anestesia, ma, in genere, la maggior parte delle biopsie non procurano dolore, solo fastidio.

  • 17 E’ normale avere dei sanguinamenti dopo la biopsia?

Avere sanguinamenti dopo il test è normale e dipende dalla gravità delle lesioni: più sono vascolarizzate e più sanguinano. Generalmente si avvisa la paziente di come è andato l’esame e se si vede un po’ di sanguinamento si prendono già dei provvedimenti sul momento con delle spugnette emostatiche. Poi si avvisa la paziente del decorso, spiegando che eventualmente, se il sanguinamento dovesse protrarsi molto, il colposcopista o il medico di base possono prescrivere dei medicinali con funzione coagulativa.

  • 18 Come si trattano le lesioni?

Nella maggior parte dei casi, sulle lesioni di alto grado (HSIL), si procede con un metodo consolidato cioè la conizzazione: si asporta la parte più superficiale di tessuto del collo dell’utero là dove è localizzata la lesione che si vede in colposcopia. E’ noto che la maggioranza delle lesioni sta entro 1 cm, al massimo 1 cm e mezzo di profondità.

La conizzazione è sempre associata ad una guarigione della zona senza uso di punti e facendo una cauta emostasi, cioè una cauterizzazione che produce un sanguinamento da medio ad abbondante che va spiegato alla paziente.

Questa procedura permette la guarigione dalla lesione nella stragrande maggioranza dei casi (90%) ed è seguita da un monitoraggio scandito da un protocollo che permette di verificare la persistenza, individuare nuove lesioni o re-infezioni (che purtroppo sono possibili in circa il 10% dei casi).

I controlli più stretti sono nei primi 2 anni (ma si arriva anche fino ai 5), dopodiché per le lesioni di alto grado non si dovrebbe mai uscire dai controlli annuali.

La conizzazione si fa con anestesia, in ospedale, ed è una procedura ambulatoriale in giornata. E’ importante chiarire che la procedura tratta la lesione, non il virus. E’ anche vero che si va ad eliminare la parte che contiene la maggioranza di carica virale e per questo motivo ci si aspetta la massima probabilità di una scomparsa spontanea del poco virus rimasto. Quindi, il controllo della presenza del virus mediante l’Hpv test,va fatto non prima di 12 mesi per dare tempo al corpo di eliminarlo.

Se invece ai controlli compaiono nuove lesioni, si fa una nuova colposcopia e si ricomincia il giro (vedi domanda 14).

Si possono fare più conizzazioni nell’arco di una vita, il numero dipende dalla capacità rigenerativa del collo dell’utero della paziente. Nella maggioranza dei casi si può arrivare fino a 3 conizzazioni; in alternativa, se persistono lesioni molto gravi, si può arrivare fino a togliere l’utero, ma i casi come questo hanno una percentuale molto molto bassa, inferiore all’1%.

Le conizzazioni in genere non determinano alterazioni della sessualità né riducono la fertilità.

  • 19 Qual è la probabilità che una lesione si trasformi in tumore e quali sono i tassi di mortalità?

La probabilità che una HSIL diventi tumore va dal 12 al 36%. In Italia, nel 2018, il numero di nuovi casi di tumore era di 7,5 ogni 100.000 donne.

Bisogna tener presente che il tasso di mortalità del tumore al collo dell’utero è diminuito di oltre il 50% negli ultimi 20 anni grazie alla prevenzione: morivano 8 donne su 10 negli anni ’80 contro 2 donne su 10 nel 2002 ed è probabile che in questi ultimi 17 anni il numero sia diminuito ancora. In Italia, ad esempio, nel 2015 si sono registrati 435 casi di decesso per tumore della cervice, mentre nel 2018 il numero è sceso a 135.

Rimane il fatto che il tumore della cervice sia la seconda causa oncologica di morte nelle donne; è il secondo tumore più frequente e per questo la prevenzione è così importante.

In caso di tumore, i trattamenti elettivi sono quelli oncologici quindi radioterapia, chemioterapia e interventi.

  • 20 Quando devo iniziare a preoccuparmi?

La fortuna di avere questo programma di screening sta proprio nel fatto che ti toglie la preoccupazione perché, se si aderisce, ci si ritrova in un contenitore che fa diagnosi prima che ci si debba allarmare. Se si viene chiamati per la colposcopia sicuramente non si sarà sereni, ma si deve pensare che si è sulla strada giusta per individuare qualcosa di potenzialmente più grave che se non lo si fosse mai scoperto.

E, in ogni caso, anche se si venisse richiamati più volte per la colposcopia, la storia di evoluzione della malattia legata all’HPV è di 15/20 anni.

Se non si aderisce allo screening, non si fa nulla per tutelarsi e ci si mette in condizione di rischio tumore, ma, se si fanno i controlli cadenzati, questo rischio lo si abbatte perché si può interrompere la diffusione dell’infezione e bloccare la progressione della malattia prima che diventi invasiva, con le procedure che abbiamo descritto.

  • 21 Se il virus regredisce, non lo contraggo più?

Purtroppo la regressione non dà immunità, ciò significa che è possibile che ci sia la re-infezione anche dello stesso ceppo del virus che si era già contratto e nessuno sa dire se si possa trattare di una riattivazione dello stesso o se sia stato contratto nuovamente: non sappiamo sempre rispondere a questa domanda.