WORKAHOLISM O DIPENDENZA DAL LAVORO: cos’è e come gestirlo

Il workaholism o dipendenza dal lavoro può essere definita come una dipendenza comportamentale; si tratterebbe di un’ossessione per il lavoro in cui l’impulso a lavorare costantemente prevarrebbe sul benessere personale. Condizione che si differenzierebbe dal semplice lavorare molto o intensamente.

Il termine workaholism è stato per la prima volta introdotto nel 1971 da Oates, dall’unione della parola “work”(lavoro) e “alcoholism”(dipendenza da). Conditio sine qua non affinchè si possa parlare di dipendenza da attività lavorativa è la necessaria simultanea compresenza di comportamenti lavorativi tendenti all’eccesso e di una spinta interiore responsabile nel guidare l’individuo verso tali eccessi. La mancanza di dati scientifici impedisce tutt’ora di disporre di una definizione universalmente riconosciuta dalla comunità medica; questa la motivazione per la quale il workaholism non è stato ancora ufficialmente inserito nel Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali.

Chi è il workaholist?

Le persone che ne sono affette possono arrivare a dedicare la quasi totalità delle ore della giornata al lavoro, trascurando bisogni essenziali quali il sonno e il riposo.

Le donne sembrerebbero quelle maggiormente colpite per due ordini di fattori, così come emerso da alcuni studi: Fattori psicologici per tendenze più spiccate al perfezionismo e autosabotaggio, responsabili dell’insorgenza di comportamenti disfunzionali, così come da fattori ambientali per l’incidenza di aspetti socio-culturali (aspettative sul ruolo femminile-“sentire il peso di fare tutto correttamente, lavorare il doppio del tempo per il doppio dello sforzo per dimostrare di essere altrettanto capaci”-per combattere pregiudizi, bilanciando lavoro e vita familiare).

Fattori di rischio temperamentali

I comportamenti dipendenti possono assolvere alla funzione difensiva di evitamento di stati d’animo negativi o per regolarne l’intensità, o possono essere caratterizzati dal raggiungimento di obiettivi rivolti al successo lavorativo, con alti livelli di ambizione, a discapito di obiettivi di tipo interpersonale, relazionale.

Fattori di rischio socio-culturali, ed economici

Il provenire da famiglie disfunzionali può incoraggiare le persone alla ricerca di tipologie di lavoro altamente stressanti, abituate nel tollerare fattori di stress all’interno delle mure domestiche (Matthews & Halbrook, 1990),così come fattore predisponente l’apprendimento vicario nell’imitazione di comportamento di tipo workahokic (Bandura, 1986). Le esperienze maturate all’interno di una cornice domestica in cui il lavoro duro fosse particolarmente apprezzato possono incidere sulla tendenza a sviluppare il workaholism in età adulta.

L’ambiente lavorativo e la cultura aziendale, unitamente a pressioni socio-economiche, possono giocare un ruolo determinate nel workaholism nell’incentivare la competitività sul lavoro e la necessità di mantenere standard di vita elevati.

Fattori di rischio caratteriali e temperamentali come aspetti di personalità

Alcuni autori hanno riscontrato un’elevata correlazione positiva tra workaholism e caratteristiche di personalità ossessivo-compulsiva (aspetto confermato da studi recenti su base biologica e neurologica); legame che per essere significativo dal punto di vista diagnostico deve trovare espressione in ogni ambito di vita del paziente, non esclusivamente nelle attività lavorative (Clark, Livesley, Schroeder & Irish, 1996). Con tratti di personalità tendenti al perfezionismo, al bisogno di controllo, a tendenze compulsive il lavoro potrebbe diventare un mezzo per gestire insicurezze, bassa autostima e ansia.

Cause della dipendenza lavorativa

Non esiste una singola causa ma piuttosto un insieme di fattori che possono contribuire allo sviluppo di questa condizione. Un aspetto rilevante da non sottovalutare: la crescente accessibilità al lavoro con l’avvento della tecnologia digitale e la possibilità di lavorare da remoto.

Sintomi del workaholism

A compensare l’assenza di specifici criteri diagnostici alcune analisi condotte su compartimenti a rischio; Griffiths (2005,2011) sostiene come il workaholism abbia sei criteri in comune con altre dipendenze:

– Umore altalenante: il lavoro associato a stati umorali che possono oscillare dall’eccitazione alla tristezza fino alla tranquillità;

– Salienza: il lavoro diventa l’attività più significativa nella vita di una persona, dominandone pensieri e comportamenti anche al di fuori dei tempi di lavoro e dei luoghi di lavoro;

– Conflitti: difficoltà nelle relazioni interpersonali; la persona con dipendenza dal lavoro può essere criticata dagli altri per la sua difficoltà a “staccare da lavoro ;

– Astinenza: il lavoratore patisce negativamente le situazioni nelle quale non gli è permesso lavorare mostrando tratti evidenti a livello fisico e psicologico: cambiamenti di umore, irritabilità etc.. ;

– Tolleranza: il sentirsi il lavoratore costretto ad aumentare gradualmente e progressivamente la quantità di tempo spesa nelle attività lavorative;

– Ricaduta: il lavoratore che, nonostante abbia gestito adeguatamente la sua dipendenza dal lavoro, ricade in comportamenti eccessivi;

Tutti aspetti che influenzano negativamente vari aspetti della vita personale e lavorativa dell’individuo.

I sintomi sono piuttosto aspecifici in quanto riscontrabili in molte altre condizioni:

Sintomi fisici: ipertensione, stanchezza cronica, problemi digestivi e gastriite, disturbi del sonno, problemi vascolari e cardiaci, tensione muscolare, mal di testa, tachicardia, etc..

Sintomi psicologici: preoccupazioni e pensieri ricorrenti (ossessioni) sul lavoro, anche prima di dormire; sentimenti di colpa, depressione, impotenza che agiscono come incentivo a lavorare di più, rabbia, ansia, situazioni di stress quando non si lavora

Sintomi Comportamentali:

-aumento dell’assenteismo e riduzione della produttività;

-mancanza di interesse, hobby al di fuori del lavoro;

– mancanza di interesse per le attività lavorative nonostante il lavoro eccessivo;

– difficoltà a staccarsi dal lavoro (es malattia, ferie, etc..);

– astinenza da relazioni personali e vita sociale a causa del lavoro;

– trascurare i bisogni fondamentali;

L’interazione reciproca di tali fattori alimenta un ciclo in cui la dipendenza da lavoro si autoproduce, peggiorando nel tempo, influenzando negativamente la qualità di vita dell’individuo.

Contrariamente a quanto si possa pensare il workaholism è nemico della produttività in quanto l’impoverimento delle relazioni significative e di esperienze al di fuori dell’ambito lavorativo, la mancanza di riposo adeguato possono apportare effetti negativi sulla qualità del lavoro. Il workaholic riportano difficoltà a lavorare all’interno di un team, nel delegare o affidare compiti ai colleghi, possono riportare problemi organizzativi assumendosi troppe responsabilità, possono andare incontro a compromissioni delle funzioni cerebrali e cognitive a seguito della privazione del sonno. La produttività, infatti, richiede una gestione equilibrata di energie, creatività, capacità di concentrazione; risorse che rischiano di essere compromesse a causa di uno stile di vita disfunzionale legato al lavoro eccessivo. Il workaholism, pertanto, può portare a un deterioramento generale delle performance professionale. Un esito comune del workaholism è l’approdo alla sindrome da distress caratterizzata da tre dimensioni:

– riduzione dell’efficienza lavorativa

– distacco dal lavoro

– sensazione di esaurimento delle energie

Per comprendere se si è a rischio da dipendenza da lavoro, è possibile autosomministrarsi un breve questionario, le scale Bergen Work Addiction, con una serie di domande a cui è possibile rispondere con una scala di giudizio Likert a cinque punti da mai a sempre: (1) Mai, (2) Raramente, (3) A volte, (4) Spesso, (5) Sempre; il punteggio di 4 o 5 in almeno quattro dei sette elementi è un buon predittore della tendenza al workaholism. Il riconoscimento precoce unitamente ad un intervento tempestivo possono aiutare a prevenire i rischi per la salute associati.

Trattamento della dipendenza dal lavoro

Nell’affrontare il workaholism si ritiene funzionale adottare un approccio integrato che prenda in considerazione tuti i fattori potenzialmente coinvolti, esaminando pertanto non solo i sintomima anche le radici profonde con substrato di aspetti ambientali, psicologici e comportamentali, fornendo gli strumenti necessari per facilitare una migliore qualità di vita sul piano professionale e personale.

L’ intervento psicoterapico dovrebbe focalizzarsi sull’aiutare il pz a sviluppare e/o potenziare: apertura relazionale, empatia, capacità di identificare, riconoscere, esprimere le emozioni, mentalizzare e regolare gli affetti nell’ambito delle relazioni interpersonali con l’obiettivo di approdare ad una maggiore autonomia nella capacità di fare esperienza del proprio mondo interno.

L’intervento psicoterapico familiare o di coppia lo si ritiene utile nel ricostruire la comunicazione, nel reintegrare la fiducia tra i soggetti e nel favorire l’intimità tramite condivisione emotiva.

Un ruolo prezioso potrebbe essere esercitato dai gruppi di auto-mutuo aiuto per far sperimentare alla persona il senso di appartenenza, l’importanza di vivere delle relazioni interpersonali unitamente alla possibilità di sviluppare capacità nell’istaurare relazioni autentiche.

L’intervento psicoterapico individuale dovrebbe aiutare il paziente nel:

-promuovere la capacità nel gestire eventi e problematiche di ordine quotidiano;

-far prendere consapevolezza dei motivi che possano aver innescato la dipendenza dall’attività lavorativa;

-sviluppare capacità di intimità con se stessi e con gli altri;

-prevenire le ricadute mediante identificazione degli stimoli attivanti e dei sintomi;

– acquisire competenze comunicative e sociali;

– comprendere il processo di dipendenza per esserne consapevoli;

– apprendere le strategie di evitamento delle ricadute.

 

Dott.ssa Silvia Longo

Psicoloa – psicoterapeuta

 

Fonti

Griffiths, M. D. (2011). Workaholism: A 21st century addiction. The Psychologist: Bulletin of the British Psychological Society, 24, 740-744.

Andreassen, C. S., Griffiths, M. D., Hetland, J., & Pallesen, S. (2012). Development of a work addiction scale. ScandinavianJournal of Psychology.

Molino, M., Kovalchuk, L. S., Ghislieri, C., & Spagnoli, P. (2022). Work Addiction Among Employees and Self-EmployedWorkers: An Investigation Based on the Italian Version of the Bergen Work Addiction Scale. European Journal of Psychology, 18(3), 279-292.

Serrano-Fernández, M. J., Boada-Grau, J., Boada-Cuerva, M., & Vigil-Colet, A. (2021). Work addiction as a predictor of anxietyand depression. Work, 68, 1-10.

 

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