Autore: <span>Eco Associazione</span>

MINDFULNESS PER GLI AUTISTICI AD ALTO FUNZIONAMENTO

Negli ultimi anni si sente parlare sempre più frequentemente di mindfulness, ma di che cosa si tratta?

(guarda il video su cos’è la Minfulness https://www.youtube.com/watch?v=o6u3kigq3ck&t=11s)
Essa riguarda la capacità di “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento
presente e in modo non giudicante” (Kabat-Zinn, 1994). Si tratta cioè di affinare l’abilità di portare la
consapevolezza sul qui e ora, attraverso pratiche formali e informali, cercando di viverlo appieno senza
avere la testa impegnata a rimuginare sul passato o a preoccuparsi per il futuro. Ha a che fare inoltre con
l’abilità di disinnescare il pilota automatico, meccanismo che ci porta a reagire in maniera rapida e
distratta riproponendo schemi e abitudini che, seppure noti, non necessariamente contribuiscono al nostro
benessere ma anzi alimentano spesso circoli viziosi dai quali vorremmo uscire.
Un allenamento alla consapevolezza, se costante, può avere ricadute positive su molti aspetti, dalla
gestione dello stress alla regolazione emotiva, dalla resilienza alle relazioni interpersonali.

E’ stata fatta ricerca sugli effetti della meditazione di Mindfulness?

A oggi, la mole di ricerche sulla sua efficacia è cresciuta esponenzialmente: è stato dimostrato come la pratica modifichi le reti neurali, determinando un aumento dell’attività delle aree prefrontali, deputate a controllo e pianificazione, a discapito di quella dell’amigdala, coinvolta nelle reazioni emotive. I campi di applicazione in cui appare valida risultano i più
svariati. La pratica della meditazione di Mindfulness ha ricadute positive su diversi disturbi fisici come pressione alta, disturbi gastrointestinali, del sonno ecc, ma anche su difficoltà psicologiche come i disturbi alimentari e dissociativi per esempio. 
Le ricadute positive si sono evidenziate anche  nei disturbi dello spettro autistico.

Cosa contraddistingue il funzionamento di tipo autistico?

A contraddistinguere il funzionamento di tipo autistico sono la capacità di relazione e interazione sociale
deficitarie, nonché la presenza di interessi ripetitivi e stereotipati. Tali caratteristiche, a prescindere dal
grado di autonomia e di funzionamento, sono sempre presenti in maniera variabile. Nell’immaginario
comune, le persone con un disturbo dello spettro autistico sono “chiuse nel loro mondo”, rigide,
inavvicinabili e aggressive. In realtà si tratta di individui con un funzionamento diverso da quello della
maggior parte della popolazione, che implica modi di capire il mondo e di rapportarsi ad esso differenti e
richiede un constante sforzo di adattamento per aderire e regole e abitudini pensate da e per neurotipici.
Spesso, le persone autistiche, anche ad alto funzionamento o con sindrome di Asperger, mostrano difficoltà
a carico delle funzioni esecutive, della coerenza centrale (abilità di sintetizzare e integrare informazioni)
nella comprensione di metafore e modi di dire, nella teoria della mente (capacità di attribuire stati mentali,
intenzioni e punti di vista ai propri interlocutori), nella regolazione delle emozioni o nella gestione delle
relazioni interpersonali e peculiarità sensoriali (tipo ipersensibilità a determinati stimoli). Tali difficoltà
si scontrano con la spinta alla realizzazione personale e professionale e danno spesso origine a stati
ansiosi o disturbi depressivi, molto frequenti in questa fascia di popolazione.

In quale modo la Mindfulness può essere di aiuto agli autistici?

La mindfulness può essere una valida alleata per favorire:

  • l’autoregolazione emotiva,

  • diminuire i comportamenti stereotipati volti a scaricare l’emozione

  • migliorare l’attenzione e la concentrazione,

  • migliorare le interazioni sociali.

  • studi preliminari dimostrano come la sua applicazione in contesti di terapia
    individuale con adolescenti e adulti favorisca un maggiore controllo degli impulsi in situazioni
    emotivamente attivanti.

  • Per quanto riguarda i bambini, alcuni autori hanno evidenziato come percorsi di mindfulness di gruppo
    offrano l’opportunità di incrementare le abilità di regolazione emotiva e interazione sociale, specie se tale
    percorso viene svolto in parallelo da genitori/caregivers, che hanno così l’opportunità di scoprire nuovi
    modi per gestire emozioni derivanti, ad esempio, dall’emissione di comportamenti-problema da parte dei
    loro figli. Una migliore gestione dello stress derivato dalle sfide che crescere un bambino con autismo
    impone di affrontare da parte dei genitori e un incremento delle abilità di autoregolazione e relazionali da
    parte dei figli hanno ricadute benefiche reciproche sulla qualità di vita del nucleo familiare e, conseguentemente, sul suo adattamento.


    Nello specifico, la pratica dell mindfulness in bambini nello spettro autistico potrebbe intervenire su:

  • deficit di coerenza centrale, grazie all’allenamento a spostare l’attenzione da esperienze interne a esterne;

  • funzioni esecutive, lavorando su attenzione focalizzata e sostenuta e insegnando a non agire gli impulsi appena si presentano;

  • competenze sociali e comunicative, poiché l’attenzione al momento presente si coltiva anche nelle interazioni;

  • regolazione emotiva e strategie di coping, incrementando la consapevolezza rispetto al proprio mondo emotivo e ai suoi nessi con pensieri e comportamenti.

  • Un aumento delle competenze attentive, emotive e sociali in età evolutiva potrebbe prevenire l’insorgenza
    di ansia e disturbi dell’umore e offrire una migliore qualità della vita per individui e caregivers.

BIBLIOGRAFIA
• Dovunque tu vada, ci sei già. Jon Kabat-Zinn, Ed. Corbaccio (1994).
• Mindfulness e acceptance in psicoterapia. Bulli e Melli (a cura di), Ed. Eclipsi (2010).
• A mindfulness intervention for children with autism spectrum disorder. Hwong e Kearney, Ed.
Springer (2015).

Se hai un figlio Asperger o con autismo ad alto funzionamento e sei interessato a farlo partecipare al nostro gruppo Mindfulness clicca qui.

Quando venire alla luce, nasconde qualche ombra

Le prime fantasie associate al diventare genitori accompagnano già nostri giochi infantili e la nostra
crescita, modificandosi fino al raggiungimento dell’età adulta. La genitorialità, presagita nel gioco
infantile, viene inserita in quelle tappe evolutive che la nostra cultura considera parte naturale
dell’esistenza. Spesso, nel passaggio dalla fantasia alla realtà, le donne si ritrovano a confrontarsi
con un’idea di maternità fortemente idealizzata, dove le idee romantiche si trasformano in vere e
proprie aspettative irrealistiche verso se stesse e verso la propria famiglia.
Tali aspettative rendono talvolta più difficile per le future mamme prendere contatto con gli aspetti
più negativi della maternità. Perché l’amore materno può anche non essere un istinto, ma un
processo da costruire. Non si nasce “genitore”, lo si diventa: se nove mesi servono al feto per
giungere al completo sviluppo, questi sono necessari anche alla madre per prepararsi, non solo
fisicamente, ma anche psicologicamente all’evento nascita.
In questo periodo si assiste a numerosi cambiamenti sia a livello individuale che di coppia, sul
piano sociale, su quello legato alla propria immagine corporea, alle proprie relazioni interpersonali
e al proprio Sè. Questi cambiamenti, se da un lato sono del tutto fisiologici, dall’altro possono
essere fortemente destabilizzanti. Il confronto con un corpo che si trasforma, accompagnato dal
cambiamento di ritmi fisiologici, gusti ed abitudini, è talvolta fonte di disagio, un disagio che può
rimanere inespresso, perché una futura mamma “deve per forza” essere felice.
Non sempre, infatti, un certo ideale di maternità tiene conto di tutta una serie di elementi di
ambivalenza che permeano la gravidanza ed il puerperio: gioia, entusiasmo, sorpresa talvolta
cedono il passo alla tristezza, rabbia, paura in un rimescolarsi di emozioni. La donna, in questi casi,
non si sente all’altezza delle aspettative del contesto intorno a lei e si sente diversa dalle altre
mamme “da pubblicità”, sempre così sollecite ed entusiaste nell’accogliere la nuova vita con tutti i
cambiamenti che questa comporta.
Anche nella nostra esperienza di clinici ci siamo più volte confrontati non soltanto con disturbi
conclamati ad insorgenza durante gravidanza, ma anche con il bisogno di accoglienza, sostegno e
contenimento di paure e fragilità, così diffuse e spesso sottaciute dalle future madri.
Per questo crediamo sia necessario, da parte di tutti gli operatori coinvolti nella gestione clinica
della gravidanza, ogni possibile sforzo per intercettare e prevenire condizioni di sofferenza emotiva,
ma anche che sia fondamentale che le donne ed i loro familiari siano in grado di riconoscere i
possibili segnali di allarme e di individuare gli specialisti curanti di riferimento. Tutto questo non

solo per permettere alle gestanti di vivere un momento così prezioso ed irripetibile nel modo più
sereno possibile, ma anche per prevenire disturbi nella relazione mamma bambino, patologie
clinicamente più rilevanti nel post partum o conseguenze sull’andamento della gravidanza (basso
peso alla nascita, preeclampsia, parto pretermine).
È stato ad esempio evidenziato come la manifestazione di un disturbo d’ansia in gravidanza triplichi
la probabilità di sviluppare un disturbo depressivo nel postpartum. Sebbene la prevalenza del
disturbo d’ansia in gravidanza sia simile a quella di altre fasi della vita della donna, questo riguarda
circa il 13-15 % (sebbene calcolato su popolazione non italiana) 1 2 , dati che sollecitano attenzione,
sia per una pronta presa in carico, sia in ottica preventiva.
Lo stesso vale per i disturbi sul versante depressivo in gravidanza che, va sottolineato, sono tra i
principali fattori di rischio per la depressione post partum. Sono ancora pochi i dati sulla
popolazione italiana, ma si stima che una percentuale di donne, che varia dal 10-16 al 14-23%,
soffra di disturbi dell’umore in gravidanza 3 , con una prevalenza superiore nel primo trimestre 4 , forse
anche in relazione alle difficoltà nell’accettare lo stato di gravidanza e per le paure a questo legate,
in particolare quando non attesa. La percentuale di donne che in questa fase, riceve una corretta
diagnosi e terapia è piuttosto bassa, sia per la resistenza nel rivolgersi agli specialisti del settore, che
per la difficoltà a differenziare tra reali sintomi depressivi conclamati e fisiologiche e temporanee
flessioni del tono dell’umore, legate a naturali cambiamenti del corpo, del peso, del ritmo
sonno/veglia, tipici dell’evoluzione della gravidanza, che provocano stanchezza fisica, mentale ed
emotiva, a causa di cambiamenti fisiologici ed ormonali.
Da quanto riportato, emerge ancora una volta la delicatezza e l’importanza che il periodo della
gravidanza rivestono nella vita di mamma e bambino. Per questa ragione, affinché le madri siano
accompagnate e “contenute” e MAI lasciate sole è importante che vengano superati timori e
resistenze e che ci si rivolga tempestivamente a psicoterapeuti competenti nel sostenere le donne in gravidanza.

Per quanto fin qui evidenziato l’Associazione Eco ha attivato un servizio volto al sostegno e accompagnamento ad una genitorialità serena e consapevole oltre che a prevenire e trattare disturbi delle donne in gravidanza e nel puerperio.

 

Dr.sse Chiara Delia e Consuelo Aringhieri

Mentre attendo te, mi prendo cura di me.

Per prenderci cura delle future mamme abbiamo unito le nostre competenze per creare un progetto volto a supportarle dal concepimento, al parto e oltre.

4 sono le nostre attività:

  • supporto psicologico durante la fecondazione medicalmente assistita (PMA)
  • supporto psicologico durante la gravidanza alle donne che sperimentano difficoltà legate ad ansia, panico e/o tristezza
  • prevenzione della depressione post partum e supporto dopo il parto in caso di baby blues
  • corso per la gestione del dolore durante il travaglio

Queste attività non sono rivolte esclusivamente alle mamme, ma aperte anche ai futuri papà.

Se stai per affrontare la PMA o il parto contattaci al 3500261835

Se stai sperimentando ansia, panico e/o tristezza, o soffri di depressione post partum contattaci al 3482965915

PSICOTERAPIA LOW COST en castellano

Podeis contactarnos al 3282498911 (Dra. Calabrese) para recibir mayores informaciones.

Desde hace 20 años la Asociación E.C.O responde a las necesidades de la población colmando los vacios dejados por la sanidad pública. Es por esto que en el 2011 ha empezado un proyecto de soporte a las dificultades psicologicas y sociales que pueda dar respuesta a las exigencias de las personas en este particular contexto historico en el cual es difícil recibir ayuda de los entes públicos o poder tener acceso a una ayuda profesional con un coste al acance de todos.

Es por esto que la Asociación E.C.O recogió la disponibilidad de algunos profesionales de la salud mental que ofrecen sus servicios en parte recibiendo una remuneraciòn y en parte como voluntarios. De esta manera las personas pueden obtener una respuesta a sus problemas y se favorece la solidariedad.

El servicio se ofrece a todos aquellos que sufren de dificultades emotivas y también a quien no tiene dificultades economicas.

Los psicologos y psicoterapeutas de E.C.O son expertos en el sufrimiento psicologico y pueden ayudaros ya seais niños, adolescentes, adultos o parejas a enfrentar problemas como los siguientes:

  • addición y abuso de alcohol

  • proceso del duelo

  • trastornos de ansia y fobias especificas

  • trastornos del estado de ánimo

  • dicultades relacionales

  • crisis existenciales

  • elaboración de traumas y abusos

  • dificultad para cerrar con el pasado

  • trastornos psicosomáticos

ATENCIÓN el servicio es low cost y no gratis. Si pensais de no poder pagar un costo minimo podeis contactar el sevicio público de zona.

Contactadnos al 3282498911 ( Dra. Calabrese) para obtener más información. Os esperamos!

El servicio de psicoterapia low cost está disponible también en castellano.

LABORATORIO SUL CYBERBULLISMO con gli alunni delle elementari

Martedì 6 dicembre, presso la sede Asai di via Genè 12 a Torino, abbiamo proposto un laboratorio sul cyberbullismo a un gruppo di bambini della scuola primaria che frequentano il doposcuola.

Abbiamo chiesto ai bambini se avessero già affrontato, a scuola o in altri contesti, questo argomento e condiviso con loro che se il bullismo è una tematica frequentemente trattata nel contesto scolastico, il cyber bullismo lo è meno. Abbiamo quindi stimolato i bambini a riflettere sulla domanda: cosa si potrà mai fare di male soltanto maneggiando un semplice smartphone, un tablet o un pc?

Il fenomeno del cyberbullismo consiste nella pubblicazione online o nella ricezione tramite cellulare di contenuti falsi, offensivi, dispregiativi o aggressivi; comporta azioni ripetute di esclusione, minaccia o persecuzione verso singoli o gruppi di individui. Inoltre, il cyberbullismo implica frequentemente una violazione della privacy, a volte del codice civile o penale.

Il cyberbullo può mantenersi anonimo o falsare la sua identità; anche se è conosciuto, può essere molto difficile fermare la ricezione di offese e minacce.

Abbiamo mostrato ai ragazzi come sia facile esagerare con le parole o i gesti, soprattutto a distanza, nascondendosi dietro ad un oggetto che ripara dal “metterci la faccia” e fa sentire più forti. Oggi sembra normale litigare in chat, far pace sui Social, fare amicizie o ‘distruggerle’ con un semplice click. La relazione online rende molto più difficile valutare le reazioni della persona con cui si è in contatto.

Nel laboratorio, abbiamo proposto agli alunni alcuni video che raccontano la storia di un bambino come tanti, che frequenta la scuola e cerca di farsi degli amici, di farsi accettare e poter essere parte del gruppo dei pari. Il protagonista dei video, Gaetano, viene preso frequentemente di mira a scuola e fuori, ma i compagni lo scherniscono soprattutto a distanza, attraverso l’utilizzo dei Social network, di chat, di scherzi telefonici. Il gruppo classe percepisce queste azioni come divertenti, e si racconta che anche Gaetano si diverte, poiché non si arrabbia, ma anzi, apparentemente cerca di stare al gioco, nascondendo dentro di sé però molte sensazioni ed emozioni sgradevoli.

I partecipanti al laboratorio si sono dimostrati subito attenti e interessati. Partendo dagli spunti offerti dai video, abbiamo riflettuto insieme su come si sarebbero sentiti loro nei panni dei protagonisti.

Abbiamo cercato insieme ai ragazzi di entrare nel gioco delle parti, immedesimandoci nelle emozioni e nei pensieri di Gaetano, dei compagni che assistono tacitamente agli scherzi e nei ragazzi che li ideano e mettono in pratica. Da subito sono emerse emozioni di delusione, tristezza, rabbia, frustrazione e di impotenza percepita da chi veste i panni della vittima; abbiamo evidenziato anche la posizione di complicità silente dei compagni che permettono ai bulli di mettere in atto gli scherzi, senza intervenire e senza fermare l’escalation di brutalità verso la vittima. I ragazzi hanno condiviso con stupore che un gesto ritenuto scorretto o esagerato spesso non viene fermato o denunciato per paura di divenire a propria volta una possibile vittima, per timore di essere estromessi dal gruppo, oppure per superficialità. Non chiedersi come si possa sentire veramente l’altro che subisce lo scherzo, rende di fatto dei complici.

Infine abbiamo riflettuto insieme su quanto sia difficile sapersi mettere nei panni dell’altro e immaginare le emozioni che prova la persona con cui si è in contatto virtuale, soprattutto senza essere testimoni diretti delle sue reazioni.

I ragazzi hanno partecipato in modo attivo al laboratorio e al termine, hanno portato e condiviso stralci delle loro esperienze personali, evidenziando sensibilità e capacità di ragionamento, ma anche il bisogno di discutere ancora dell’argomento. Siamo speranzosi che questa esperienza abbia gettato il seme per un lavoro di prevenzione, per stimolare una maggiore attenzione all’altro e per iniziare a chiedersi “come starei io al suo posto?

Consuelo Aringhieri e Valentina Congedo

COLLABORA CON NOI

Il nostro progetto di Psicoterapia low cost continua a permettere alle persone che desiderano avere un miglior rapporto con emozioni, pensieri e, perché no?, anche con gli altri.

La richiesta è sempre in crescita e per questo motivo anche noi abbiamo bisogno di crescere. Cerchiamo quindi  2 psicoterapeute/i per ampliare il nostro organico.

Ecco le caratteristiche che ci servono in base alle nostre esperienze pregresse, attività e ai bisogni di chi ci contatta.

Il /la psicoterapeuta deve (condizioni sine qua non):

  • essere specializzato/a
  • avere dimestichezza con i canali social
  • essere aperto/a a collaborare con colleghi con diversi approcci e in differenti contesti di intervento
  • essere disponibile a lavorare a tariffe low cost
  • essere disponibile a fare ore di volontariato (questo perché l’Associazione Eco è un’associazione e non un’azienda)
  • conoscere il manuale diagnostico
  • essere in grado di fare diagnosi
  • avere la partita iva
  • avere almeno 2 pomeriggi-sera liberi da dedicarci e una mattina

almeno 1 terapeuta deve:

  • essere realmente preparato nel trattamento dei disturbi alimentari

Il/la volontario/a è uno/a specializzando/a, che sta frequentando almeno il 3 anno della scuola di specializzazione.

Chi è interessato può mandare il suo cv a ecoassociazione@gmail.com, specificando nell’oggetto: Collabora con noi

GENITORI DI FIGLI TECNOLOGICI: ne abbiamo parlato insieme presso l’associazione Asai

Martedì 13 novembre dalle 17 alle 18.30 presso la sede dell’Associazione Asai di via Genè 12 a Torino, abbiamo incontrato i genitori dei ragazzi del doposcuola e parlato con loro di come essere genitori di figli tecnologici.

I genitori intervenuti sono stati interessati a capire come arginare l’utilizzo massiccio di internet da parte dei loro ragazzi e  come garantire loro una navigazione in sicurezza.

Alla domanda “secondo voi quanto tempo passano on line i vostri ragazzi?” il dato emerso fa riferimento ad almeno 4/5 ore di connessione giornaliera, cui si associa una scarsa concentrazione nello svolgimento dei compiti scolastici, un disinteresse verso le attività off line e, talvolta, anche verso le relazioni con i coetanei.

Il tempo di connessione quindi, ritenuto eccessivo dai partecipanti, è il primo dato importante emerso dall’incontro.

Altra questione riguarda poi il tema della privacy e la condivisione di informazioni e dati sensibili, elemento questo non sempre considerato dai ragazzi e talvolta neppure dagli adulti. Ci siamo soffermati quindi sulla necessità che gli adulti conoscano i rischi di un utilizzo troppo “leggero” della rete, per poi trasmettere questa competenza ai propri figli

Il gruppo di genitori è stato estremamente partecipe ed interessato, le domande sono state tante e lo scambio di esperienze tra partecipanti molto vivace.

L’argomento certo non si è esaurito e nemmeno la curiosità dei partecipanti: il 6 dicembre alle 17, sempre presso la sede dell’Associazione Asai, ci sarà il secondo incontro per rispondere a domande e fornire strumenti di controllo parentale. Mi auguro la stessa partecipazione in termini di numeri e di domande. Intanto grazie a tutti coloro che sono intervenuti!

Dott Stefano Lagona

BASTA ABBUFFATE! ->Percorso di consapevolezza alimentare

Questo percorso esperienziale 8in passato chiamato Basta abbuffate) NON è una psicoterapia di gruppo, ma vuole utilizzare il gruppo come luogo di confronto e di arricchimento. Ciò significa che non si dovranno condividere in gruppo vicende molto personali, ma solo ciò che è finalizzato all’apprendimento di modalità più salutari di convivenza con le emozioni e il cibo.

Per questo motivo questa attività non va in conflitto con un’eventuale psicoterapia individuale, ma anzi, la completa e le dà spinta.

Verranno utilizzate tecniche per trovare un nuovo rapporto con il cibo e gestire la fame emotiva.

Perché scegliere la nostra attività?

La nostra attività è focalizzata:

  • sull’individuare stili di alimentazione più funzionali e soddisfacenti, con il preciso obiettivo di ridurre fino ad azzerare le abbuffate e le attività compensatorie (vomito, uso di lassativi, digiuno, iperattività);
  • sull’imparare a far fronte alle proprie emozioni;
  • sul diminuire i pensieri e le preoccupazioni legati al cibo e al corpo;
  • sul diminuire la tendenza a cedere alle abbuffate.

Affrontiamo il rapporto con il cibo servendoci di tecniche innovative  che permettono di lavorare sulla consapevolezza, sulla perdita di controllo, fornendo strumenti di automonitoraggio dei pasti per far sì che la persona possa poi in autonomia utilizzare le modalità apprese nel gruppo.

Come si svolge l’attività?

L’attività è suddivisa in due parti: una in gruppo ed una a casa.

In gruppo verranno presentate e messe in pratica modalità di approccio consapevole al cibo. A casa gli approcci verranno applicati in autonomia, per poi dare un feedback al gruppo e alle conduttrici nell’incontro successivo.

A chi è rivolto?

A tutti coloro che hanno iniziato mille diete poi interrotte, che quando sono in ansia o arrabbiate aprono il frigo e/o la dispensa, che terminano il pasto senza prestare attenzione al sapore del cibo, che smettono di mangiare solo quando si sentono troppo pieni o è finito il cibo, che si sentono in colpa o falliti dopo aver mangiato.

Che cosa aspettarsi?

La frequentazione del gruppo e l’applicazione degli esercizi proposti porterà ad avere un diverso rapporto con il cibo: più consapevole, mettendo il relazione le emozioni e l’alimentazione, al fine di raggiungere uno stile di vita più equilibrato.

Quando e per quanto?

Gli incontri sono 10 e durano un’ora e mezza ciascuno. I gruppi si incontreranno settimanalmente o il venerdì mattina dalle 9 alle 10.30, oppure ogni due settimane il mercoledì dalle 18.00 alle 19.30. Un gruppo è cominciato mercoledì 14 febbraio (completo). Scrivici per prenotare il colloquio gratuito per formare il nuovo gruppo.  I GRUPPI COMINCIANO TUTTO L’ANNO.

I costi?

I 10 incontri di gruppo di gestione del peso corporeo per un totale di 15 h + 2 sedute individuali costano 200,00 €. Il prezzo include la quota associativa e l’assicurazione.

Per informazioni

Dr.ssa Querin 3396711781

Dr.ssa Pugno 3500261835

ecoassociazione@gmail.com

L’educazione sessuale e affettiva rivolta ai bambini: come, quando e perchè proporla.

Come si fanno i bambini?” La domanda arriva dal basso, dal cervello di un nanerottolo usualmente tenero, ma che in quel momento assume sembianze malefiche. Chiaramente lo spinoso quesito è posto in un momento inaspettato, in cui il genitore è completamente impreparato, a tavola o al supermercato, per esempio. Se il destinatario della domanda è un insegnante, si aggiunge un’ulteriore difficoltà: cosa gli avranno detto i genitori? Gli avranno già spiegato qualcosa? (E anche se se la sente di rispondere) qual è il compromesso tra essere chiaro e non incorrere nelle ire dei genitori?

Vecchie storie narravano così: I bambini nascono sotto i cavoli. Anzi no, li porta la cicogna. Oppure, se la questione proveniva da un ragazzino un po’ più grande, si ricorreva in emergenza a una strana storia di api e di fiori che gli confondeva ulteriormente le idee. Andava meglio a quei bambini a cui veniva risposto che i bambini nascono dall’amore dei genitori, o grazie al semino donato alla mamma dal papà. Per lo meno era qualcosa di più verosimile; probabilmente avevano finto di accontentarsi, aspettando che, un giorno, un amichetto che forse ne sa di più glielo spieghi meglio.

Molti adulti che oggi hanno sui quarant’anni hanno ricevuto come unica forma di educazione sessuale poche ore di spiegazione durante la scuola secondaria di primo grado. Un medico e/o un’ostetrica fornivano informazioni tecniche e asettiche sul sesso e sulla contraccezione, condite dal terrore (sacrosanto) delle malattie sessualmente trasmissibili.

Chi ha esperienza con i bambini sa bene che, già a cinque o sei anni, se non prima, richiedono informazioni pratiche sugli organi genitali, sulla gravidanza e sul parto; sono interessati alla “meccanica” della riproduzione. Sovente ricevono spiegazioni favolistiche o molto parziali a queste domande.

Successivamente, nel periodo fra gli ultimi anni della scuola primaria e quelli delle scuole medie inferiori, i cambiamenti del corpo e della mente conducono i ragazzi verso l’inizio della loro vita sessuale; cominciano a porsi domande sulla sessualità e sui criteri per orientarsi in questo territorio sconosciuto. Avrebbero bisogno degli strumenti per conoscersi, per capire se stessi e l’altro sesso, per prendere decisioni sensate e rispettose di se stessi; invece ricevono le informazioni tecniche che richiedevano cinque o sei anni prima (Veglia F., Pellegrino R., 2003).

Attualmente, l’educazione sessuale e affettiva precoce è considerata una modalità di prevenzione primaria delle gravidanze indesiderate e della trasmissione per via sessuale di malattie infettive. Inoltre, previene forme di sfruttamento, coercizione e abuso, discute pregiuzi e stereotipi legati all’essere maschio o femmina, previene discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. Le informazioni trasmesse e le competenze promosse sono differenziate e adeguate per fasce d’età, come suggerito dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’educazione sessuale e affettiva è una materia di insegnamento obbligatoria nella maggior parte dei paesi dell’Unione Europea; fanno eccezione alcuni, tra cui, purtroppo, l’Italia. Perciò è necessaria una collaborazione tra le diverse agenzie educative, la scuola e la famiglia prima di tutto, nell’offrire a bambini e ragazzi la possibilità di avere informazioni e adulti e coetanei con cui discuterne.

L’educazione sessuale e affettiva non invita a fare sesso, ma si propone il delicato e fondamentale compito di preparare a relazioni adulte reciprocamente consensuali e rispettose del partner. Certo, non sempre ci si può improvvisare nel trattare un tema così intimo, ancora fonte di imbarazzo e tabù. Si invita i lettori a dare uno sguardo alla piccola bibliografia dell’articolo come punto di partenza per informarsi sull’argomento. Inoltre, l’Associazione Eco promuove corsi mirati, destinati a genitori, nonni, insegnanti ed educatori per riflettere sulle parole e sulle modalità con cui spiegare la sessualità a bambini e ragazzi.

I bambini ci spiazzano con le loro domande sull’amore, sulle differenze tra maschi e femmine e sull’origine della vita. Hanno bisogno di adulti che possano rispondere serenamente alle loro curiosità, in modo semplice e concreto, senza trascurare il significato relazionale della sessualità e le emozioni che accompagnano le diverse fasi della crescita.

Dr.ssa Valentina Congedo

Bibliografia

Del Re G., Bazzo G., 1997, Educazione sessuale e relazionale affettiva. Unità didattiche per la scuola primaria, Erickson Edizioni, Trento. 

Veglia F. , Pellegrini R., 2003, C’era una volta la prima volta. Come raccontare il sesso e l’amore a scuola, in famiglia, a letto insieme, Erickson Edizioni, Trento.

http://www.fissonline.it/pdf/STANDARDOMS.pdf

http://www.napolicittasolidale.it/portal/punto-di-vista/6247-capire-l-amore.html

http://www.valigiablu.it/educazione-sessuale-scuole/

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WORKSHOP GRATUITO IN
TECNICHE DI RILASSAMENTO
E RIDUZIONE DELLO STRESS – presentazione master

Principali TECNICHE:
Training autogeno
Mindfulness based therapy
Ipnosi Ericksoniana
Rilassamento progressivo di Jacobson

Per APPRENDRE COME:
Rilassarsi e recuperare le energie
Gestire ansie e stress, prevenire il burn out
Relazionarsi efficacemente col paziente
Intervenire con i pazienti su: disturbi d’ansia e depressivi,  psicosomatici, alimentari, dissociativi
29/09/2018 ore 10,00
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Via Nizza 151 Torino